Liguri, corsi, catalani, napoletani e siciliani sono i pescatori che più di tutti hanno percorso le acque del Mediterraneo. Gente di mare, che inseguendo il tonno,
il corallo o i grandi banchi di pesce azzurro, è approdata sulle isole. Le ha colonizzate, o semplicemente vi ha fatto base per la pesca, ognuno portando come unica identità culturale la lingua madre e la propria cucina. Gastronomie che hanno dovuto comunque adattarsi e assumere una personalità nuova in base alle varietà di pesce che offriva il mare: al pescato si sono aggiunti ingredienti semplici, che solamente il sole e il clima delle isole riescono a esaltare, come pomodorini, capperi, finocchietto selvatico, rosmarino, alloro e mirto, i cui aromi raggiungono intensità fortissime. Alle Porquerolles si cucina il cous cous proprio come in Tunisia, in Sicilia, nelle Baleari e nell’Isola di San Pietro, a sud della Sardegna: in Francia è solo più ricco grazie alle orate e ai branzini selvaggi che vengono dalle profonde acque di un intatto parco marino. C’è da assaggiare anche il riso Porquerolles, una tipica ricetta locale; ma l’impiego dello zafferano, dell’aglio e della cipolla (oltre al timo e al finocchietto) rivela tratti marsigliesi, che ritroviamo poi nella versione della bouillabaisse che si cucina nei vicoli della rocca di
Pesce, aromi e pomodoriniBonifacio, in Corsica: più stufato che zuppa, con i pesci spesso cotti interi in un brodo ridotto con
zafferano e aromi, è un’idea di zuppa ittica mediata da una cultura gastronomica di terra. A poche miglia di mare, Maddalena e il suo arcipelago parlano dialetto corso-genovese e ben poco, invece, hanno nel piatto della cucina pastorale della Gallura che vi sta di fronte: tradizionale è il pesce alla brace o al forno sotto sale, ma la vera specialità sono i crostacei, fra i quali spiccano i faoni, grossi granchi tipici delle acque della zona. Le ricette delle Eolie recano marcati tratti di cucina siciliana, leggibili nelle insalatedi pesce a base anche di agrumi e capperi, nei totani ripieni, nella locale versione della caponata.
Polpi arrostoLe isole contengono a loro volta isole di cultura gastronomica: si parla e si mangia catalano ad Alghero come alle Baleari, l’aragosta alla catalana fa il pari con l’insalata di pesce diFormentera, ma a Minorca appaiono piatti dalle origini lontane, come il natalizio cuscussò, dolce portato dagli arabi, e il pudding, d’inconfondibile impronta britannica. Il tonno accomuna tradizioni alimentari del sud della Sardegna, della Sicilia e di molte isole minori: tramontate le tonnare di una volta (resiste quella di Carloforte sull’Isola di San Pietro), il grande migratore del mare viene intercettato sempre più con apposite reti mobili in tutto il Mediterraneo. Mentre le parti migliori del tonno vengono contese all’asta nei mercati del pesce tra Italia e Giappone, nelle isole le preziose uova, oggi come duecento anni fa, vengono salate ed essiccate per divenire bottarga. L’Adriatico è come una grande peschiera – spiegano gli allevatori ittici di Chioggia –: è basso e sabbioso e qui il pesce viene a riprodursi; è invece profondo in Dalmazia, dove migra per
diventare adulto. Le acque delle isole Dalmate sono alte, fresche anche d’estate: il pesce abbonda, soprattutto i frutti di mare, i calamari, i crostacei (superbi gli scampi). Si riproducono e si consumano persino ostriche locali, ottimo polpo arrosto, marinata di sardine, ma anche piatti come il risotto con i calamari e gli scampi alla buzara che rivelano un’impronta veneziana.
Il buon pesce in città: i consigli degli chefLontano dal mare, queste cucine, nate dalle reti da pesca e da piccoli orti strappati alla macchia mediterranea e alle pendici vulcaniche, spesso subiscono le mode del momento e finiscono per essere più attente agli effetti scenografici che alla nitidezza dei sapori. Quelli che si devono sempre tenere presenti, perciò, sono tre elementi
fondamentali: la stagionalità e la freschezza del pescato, l’intensità del gusto. Dunque è preferibile orientarsi verso ricette classiche, improntate alla semplicità, che per il gourmet si traduce in rispetto della materia prima, sapore originale e consistenza naturale. L’estate non è sempre la stagione migliore per avere un ventaglio di proposte di pesce vario e abbondante ma, come insegna lo chef milanese Claudio Sadler (2 stelle Michelin conquistate anche a colpi di grandi ricette di mare), nella scelta occorre essere elastici, pronti a cambiare il menu secondo ciò che offre il mercato. L’esperto sa guardare oltre la banalità: preferirà un grosso pesce-ragno o uno scorfano (brutto-ma-buono) a branzini e orate dall’inquietante taglia unica, sinonimo di allevamento, acquisterà pagelli, saraghi (ma anche occhiate e ombrine) di piccola taglia anziché dentici e pagari di grossa mole, quasi certamente arrivati da troppo lontano. Graziano Cominelli, chef e titolare del ristorante La Piazzetta, tempio del pesce alle porte di Brescia, concorda: “Teniamo bene in conto i pesci piatti, quali rombi, soasi, soglio
le e San Pietro e poi le gallinelle e le cernie, molto tonici e con carne compatta, la cui freschezza meno risente delle calde acque mediterranee e della refrigerazione in barca, non sempre perfetta, dei piccoli pescatori non industriali”. E poi c’è il pesce azzurro, che, oltre a essere meno costoso, è più saporito. Ed è ricco di Omega 3, sotto la cui sigla si nascondono una serie di acidi grassi polinsaturi, che hanno effetti benefici sulla salute cardiovascolare. Rimane, comunque, un bottino dei pescatori di costa, che propongono anche al dettaglio esemplari appetitosi quali sardine, nasellini, pesce spatola, sgombri, suari e così via. I grandi pesci, tonno, spada e ricciola, se tagliati al momento, sono apprezzabili in ogni ricetta, ma soprattutto si gustano al naturale, appena scottati, comunque cotti in maniera semplice o in leggere marinature. Infine, i frutti di mare: comporta sempre un certo rischio consumarli crudi, anche ai tavoli dei migliori ristoranti, ma cotti e sgusciati costituiscono il tocco appetitoso di gusto e di colore che, anche a mille chilometri di distanza dalla costa, dona a ogni piatto la fragranza e l’illusione di essere a pochi metri dal mare.
il corallo o i grandi banchi di pesce azzurro, è approdata sulle isole. Le ha colonizzate, o semplicemente vi ha fatto base per la pesca, ognuno portando come unica identità culturale la lingua madre e la propria cucina. Gastronomie che hanno dovuto comunque adattarsi e assumere una personalità nuova in base alle varietà di pesce che offriva il mare: al pescato si sono aggiunti ingredienti semplici, che solamente il sole e il clima delle isole riescono a esaltare, come pomodorini, capperi, finocchietto selvatico, rosmarino, alloro e mirto, i cui aromi raggiungono intensità fortissime. Alle Porquerolles si cucina il cous cous proprio come in Tunisia, in Sicilia, nelle Baleari e nell’Isola di San Pietro, a sud della Sardegna: in Francia è solo più ricco grazie alle orate e ai branzini selvaggi che vengono dalle profonde acque di un intatto parco marino. C’è da assaggiare anche il riso Porquerolles, una tipica ricetta locale; ma l’impiego dello zafferano, dell’aglio e della cipolla (oltre al timo e al finocchietto) rivela tratti marsigliesi, che ritroviamo poi nella versione della bouillabaisse che si cucina nei vicoli della rocca diPesce, aromi e pomodoriniBonifacio, in Corsica: più stufato che zuppa, con i pesci spesso cotti interi in un brodo ridotto con
zafferano e aromi, è un’idea di zuppa ittica mediata da una cultura gastronomica di terra. A poche miglia di mare, Maddalena e il suo arcipelago parlano dialetto corso-genovese e ben poco, invece, hanno nel piatto della cucina pastorale della Gallura che vi sta di fronte: tradizionale è il pesce alla brace o al forno sotto sale, ma la vera specialità sono i crostacei, fra i quali spiccano i faoni, grossi granchi tipici delle acque della zona. Le ricette delle Eolie recano marcati tratti di cucina siciliana, leggibili nelle insalatedi pesce a base anche di agrumi e capperi, nei totani ripieni, nella locale versione della caponata.Polpi arrostoLe isole contengono a loro volta isole di cultura gastronomica: si parla e si mangia catalano ad Alghero come alle Baleari, l’aragosta alla catalana fa il pari con l’insalata di pesce diFormentera, ma a Minorca appaiono piatti dalle origini lontane, come il natalizio cuscussò, dolce portato dagli arabi, e il pudding, d’inconfondibile impronta britannica. Il tonno accomuna tradizioni alimentari del sud della Sardegna, della Sicilia e di molte isole minori: tramontate le tonnare di una volta (resiste quella di Carloforte sull’Isola di San Pietro), il grande migratore del mare viene intercettato sempre più con apposite reti mobili in tutto il Mediterraneo. Mentre le parti migliori del tonno vengono contese all’asta nei mercati del pesce tra Italia e Giappone, nelle isole le preziose uova, oggi come duecento anni fa, vengono salate ed essiccate per divenire bottarga. L’Adriatico è come una grande peschiera – spiegano gli allevatori ittici di Chioggia –: è basso e sabbioso e qui il pesce viene a riprodursi; è invece profondo in Dalmazia, dove migra per
diventare adulto. Le acque delle isole Dalmate sono alte, fresche anche d’estate: il pesce abbonda, soprattutto i frutti di mare, i calamari, i crostacei (superbi gli scampi). Si riproducono e si consumano persino ostriche locali, ottimo polpo arrosto, marinata di sardine, ma anche piatti come il risotto con i calamari e gli scampi alla buzara che rivelano un’impronta veneziana.Il buon pesce in città: i consigli degli chefLontano dal mare, queste cucine, nate dalle reti da pesca e da piccoli orti strappati alla macchia mediterranea e alle pendici vulcaniche, spesso subiscono le mode del momento e finiscono per essere più attente agli effetti scenografici che alla nitidezza dei sapori. Quelli che si devono sempre tenere presenti, perciò, sono tre elementi
fondamentali: la stagionalità e la freschezza del pescato, l’intensità del gusto. Dunque è preferibile orientarsi verso ricette classiche, improntate alla semplicità, che per il gourmet si traduce in rispetto della materia prima, sapore originale e consistenza naturale. L’estate non è sempre la stagione migliore per avere un ventaglio di proposte di pesce vario e abbondante ma, come insegna lo chef milanese Claudio Sadler (2 stelle Michelin conquistate anche a colpi di grandi ricette di mare), nella scelta occorre essere elastici, pronti a cambiare il menu secondo ciò che offre il mercato. L’esperto sa guardare oltre la banalità: preferirà un grosso pesce-ragno o uno scorfano (brutto-ma-buono) a branzini e orate dall’inquietante taglia unica, sinonimo di allevamento, acquisterà pagelli, saraghi (ma anche occhiate e ombrine) di piccola taglia anziché dentici e pagari di grossa mole, quasi certamente arrivati da troppo lontano. Graziano Cominelli, chef e titolare del ristorante La Piazzetta, tempio del pesce alle porte di Brescia, concorda: “Teniamo bene in conto i pesci piatti, quali rombi, soasi, soglio
le e San Pietro e poi le gallinelle e le cernie, molto tonici e con carne compatta, la cui freschezza meno risente delle calde acque mediterranee e della refrigerazione in barca, non sempre perfetta, dei piccoli pescatori non industriali”. E poi c’è il pesce azzurro, che, oltre a essere meno costoso, è più saporito. Ed è ricco di Omega 3, sotto la cui sigla si nascondono una serie di acidi grassi polinsaturi, che hanno effetti benefici sulla salute cardiovascolare. Rimane, comunque, un bottino dei pescatori di costa, che propongono anche al dettaglio esemplari appetitosi quali sardine, nasellini, pesce spatola, sgombri, suari e così via. I grandi pesci, tonno, spada e ricciola, se tagliati al momento, sono apprezzabili in ogni ricetta, ma soprattutto si gustano al naturale, appena scottati, comunque cotti in maniera semplice o in leggere marinature. Infine, i frutti di mare: comporta sempre un certo rischio consumarli crudi, anche ai tavoli dei migliori ristoranti, ma cotti e sgusciati costituiscono il tocco appetitoso di gusto e di colore che, anche a mille chilometri di distanza dalla costa, dona a ogni piatto la fragranza e l’illusione di essere a pochi metri dal mare.MILANO: Sadler Specialità: filetto di spada all’olio di acciuga. Indirizzo: via Troilo 14, tel. 02.58.10.44.51. Orari: 20-22.30 (chiuso dom.). Prezzi: 120 € (menu tutto pesce di sei portate). Al porto Specialità: branzino al Pigato. Indirizzo: piazzale Cantore, tel. 02.89.40.74.25. Orari: 12.30-14.30, 19.30-22.30; lun. 19.30-22.30 (chiuso dom.). Prezzi: 50-70 €. Opera Prima Trattoria mediterranea con piatti di pesce. Indirizzo: via Lomazzo 29, tel. 02.31.63.00. Orari: 12.30-14, 19.45-22.30; sab. 19.45-22.30 (chiuso dom.). Prezzi: 35-40 €. Zio Pesce Specialità: involtino di spada alla messinese. Indirizzo: via Cicco Simonetta 8, tel. 02.58.10.91.45. Orari: 19.30-24 (chiuso dom.). Prezzi: 30-35 €. Da Salvo Cucina siciliana: pesce spada alla ghiotta. Indirizzo: viale Certosa 298, tel. 02.38.00. 56.80. Orari: 12-14.30, 19-22 (chiuso lun.). Prezzi: da 30 €. Bacco e Arianna Specialità: “3 modi di mangiare la ricciola”. Indirizzo: via Circonvallazione 1, Trezzano sul Naviglio, tel. 02.48.40.38.95. Orari: 12.15-14, 20-22; sab. 20-22 (chiuso dom.). Prezzi: 30-45 €.


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